domenica 20 febbraio 2011

Acqua nemica del nucleare

Bastano due giorni di pioggia per dichiarare nel nostro Paese lo stato di calamità naturale in cinque regioni, causare sei vittime e danni di oltre 1 miliardo di euro nel solo Veneto. Dopo anni e anni di incuria questo è lo stato del territorio italiano. Eppure un paio di anni fa il ministro alle Infrastrutture dichiarò: "Mettere in sicurezza il territorio italiano? Costa troppo. Dove li troviamo 40 miliardi di euro?" Eppure quella cifra è analoga alla spesa per arrivare al 25% di nucleare che vorrebbe il governo. Utilizzarli per fermare il dissesto idrogeologico, produrrebbe occupazione, farebbe da volano alle imprese e garantirebbe un livello di sicurezza maggiore per cittadini e imprese. Ma l'insicurezza ovviamente non giova neppure al nucleare. Trovarsi sott'acqua o senz'acqua per il raffreddamento delle centrali vicine ai fiumi (a Caorso accadde negli anni ottanta e dovette funzionare a potenza ridotta) potrebbe essere pericoloso o comunque antieconomico. Fermare le centrali nucleari per settimane per problemi meteorologici smentisce chi dice che l'atomo consente di avere energia sempre e comunque e non in base all'intermittenza di sole e vento.
Purtroppo la stessa regione Veneto che ha appena patito i danni dovuti al dissesto idrogeologico ha appena votato una moratoria valida fino a fine anno sul fotovoltaico sopra i 200 kW su terreni agricoli e bloccato anche gli impianti a biomasse sopra i 500 kW e a biogas sopra il MW. Ma perchè?
(Tratto dall'articolo "Atomo sott'acqua" di Sergio Ferraris dalla rivista QualEnergia nov/dic 2010).